In questi giorni, tutti parlano dei Piani Individuali di Risparmio – PIR, nuovo strumento d’investimento introdotto dalla legge di Bilancio 2017.
Sono un’assoluta novità su cui le Istituzioni finanziarie stanno puntando…
Voglio quindi scoprire e capire con te cosa siano i PIR e perché si siano levate tanti voce entusiaste, ma anche alcune voci critiche, verso questa novità.

In questo articolo
Cosa sono i PIR?
I PIR – Piani Individuali di Risparmio, introdotti nella legge di Bilancio 2017, sono delle forme di investimento a medio termine destinate alle persone fisiche residenti in Italia.
Puntano a privilegiare l’investimento in aziende italiane e garantiscono un trattamento fiscale favorevole.
Nello specifico i PIR sono dei “contenitori di strumenti finanziari”.
Possono assumere varie forme: fondi, conti titoli, assicurazioni, gestioni patrimoniali e avere al proprio interno diverse forme di prodotti finanziari quali azioni, obbligazioni, ETF, depositi e conti correnti.
Esistono quindi contenitori già strutturati da Banche o società di gestione, ma – molto importante – il singolo risparmiatore può anche aprire un deposito titoli ad hoc per acquisire strumenti e investire rispettando le regole a cui si deve attenere questo strumento.
Quali regole deve rispettare il PIR?
Vediamo in dettaglio a quali regole si deve attenere un PIR:
- L’investimento deve avere una durata minima di 5 anni;
- L’investimento massimo – non è previsto investimento minimo – può essere al massimo di 30 mila euro annui e 150 mila totali;
- Il 70% deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia, escluse le imprese che operano nel settore immobiliare;
- Il restante 30% può essere investito in qualsiasi altro strumento finanziario;
- il 30% del 70% deve essere investito in aziende diverse da quelle incluse nel FTSE MIB;
- Non si può investire per oltre il 10% del suo valore in strumenti finanziari dello stesso emittente o di società appartenenti al medesimo gruppo, o in depositi e conti correnti.
- Una persona può avere al massimo 1 PIR.
I vantaggi dei PIR
Se l’investitore mantiene il proprio investimento in PIR per una durata minima di 5 anni usufruisce di alcuni notevoli vantaggi:
- azzeramento della tassazione sui redditi generati dall’investimento
- esenzione dall’imposte di successione (tuttavia per fruire dell’esenzione dalla tassazione sui redditi l’erede dovrà ricostituire il PIR e detenerlo per 5 anni, come indicato).
Ovviamente in caso si chiuda il PIR prima della scadenza si perderà il vantaggio fiscale e saranno tassati rendimenti e capital gain conseguiti su eventuali Titoli di Stato (12,50%) e altri strumenti finanziari (26%).
I punti critici dei PIR
- Concentrazione del Rischio – lo strumento impone l’investimento su aziende italiane per almeno il 70% del totale investito. Ovviamente il rischio paese risulta abbastanza alto e bisognerebbe capire come i prodotti in circolazione gestiscano questo rischio;
- Investimento su Mid Cap – una delle regole è l’investimento in aziende non appartenenti allo FTSE MIB. Ovviamente non sono tutte uguali e alcune sono molto rischiose;
- Costi di gestione – ad oggi il costo dei prodotti in circolazione è davvero alto con Commissioni di sottoscrizione e di gestione che rischiano di rendere difficile realizzare un rendimento positivo.
Conclusioni
Al momento non penso che mi lascerò convincere dalle tante pubblicità dei vari prodotti.
Voglio aspettare che l’offerta sia completa e capire quali banche siano attrezzate per permettere al singolo risparmiatore di aprire un PIR autogestito.
Secondo me potrebbe infatti avere senso, soprattutto se si è abituati ad investire su Borsa Italiana (come la gran parte degli investitori del nostro Paese) provare a costruirsene uno in autonomia.
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