Il mercato dell’arte nel 2020 ha totalizzato a livello mondiale vendite per 50 Miliardi di dollari (Fonte The Art Market 2021) con una forte crescita delle vendite online e un generale rallentamento dovuto alla situazione contingente che stiamo vivendo. Da sempre è oggetto dell’interesse di appassionati e anche di investitori che vedono l’arte come un bene rifugio capace di apprezzarsi nel corso degli anni. In futuro questo mercato tornerà a crescere, ma soprattutto cambierà e sta già vivendo rapidi cambiamenti sia nei gusti che nelle abitudini di acquisto e nelle modalità di fruizione. Ho pensato di parlarne con Deodato Salafia, creatore di Deodato Arte, che in pochi anni ha creato una realtà molto innovativa nel mercato italiano.

Deodato Salafia ha scritto un manuale dal titolo “ Le tue prime cinque opere d’Arte Contemporanea” con l’intento di permettere a tutti di trasformarsi in collezionisti e comprare arte senza fare errori.
E’ un libro nato proprio con l’intento di guidare il collezionista inesperto, che si approccia al settore per la prima volta.
Deodato non ha ereditato una galleria dal padre, non è nato come esperto d’arte, ma è un informatico, con una seconda laurea in teologia, che ha intravisto per primo in Italia un cambiamento in atto nel settore e ha deciso di innovarlo.
Lo ha fatto puntando sull’arte contemporanea e in particolare sul mercato della cultura pop e della street artist, cercando di cambiare, con la visione dell’outsider, le regole del settore.
Oggi non è solo leader di mercato, di cui rispetta il ruolo delle singole figure professionali coinvolte, ma lo sta ampliando, cercando di puntare su un’arte accessibile a tutti.
I risultati sono molto positivi e la Galleria Deodato non solo è in continua crescita, ma sta portando nuove persone ad interessarsi ad un mercato che ha ancora grandi potenzialità e che potrebbe anche rivelarsi un’ottima occasione di investimento e di protezione del patrimonio.
Puoi presentare Deodato Salafia e la Deodato Arte?
Hai già detto molto di me, direi quasi tutto, nella presentazione.
Posso solo aggiungere che non ho mai avuto né paura di studiare e ho sempre anteposto la curiosità alla necessità di fare ‘bella figura’, ho un grande rispetto per la ricerca e sviluppo, infatti ho il rammarico di non aver fatto il ricercatore, questo non l’ho mai detto a nessuno.
Deodato Arte è nata da una mia errata assunzione, nel 2010 ero abbastanza stressato da oltre 12 anni di new economy ad alti e bassi, successi e fallimenti, tante start-up, tanti soci e tanto lavoro, mi ritrovai quell’anno più “scarico” e immaginai che potevo iniziare una attività più semplice e rilassante.
Chiaramente non avevo idea che anche il mondo dell’arte avesse una piuttosto articolata complessità, se non avessi sbagliato quella assunzione…chissà se avrei iniziato!
Cosa accomuna informatica, teologia e Arte?
Trovo molto più analogie tra l’informatica e la teologia, che tra queste due e l’arte a dire il vero.
La teologia si basa si una ‘confessione di fede’, diciamo un formalismo teorico, impiantato su un evento storico, la rivelazione; l’informatica si basa su un formalismo teorico, potremmo identificarlo con la Macchina di Turing, impiantato su un fatto concreto, come lo è l’hardware che la simula.
L’arte intesa come spazio umanistico è quella che io amo definire una ‘eccedenza’, qualcosa di cui non ci si può spiegare né le motivazioni, né la funzione, mentre della teologia e dell’informatica le funzioni e le motivazioni sono estremamente chiare.
Mi viene da citare il libro di J.K. Toole “Una banda di Idioti” dove cita un mondo di idioti privo di “teologia e geometria”, anche lui fa questa associazione e mi ha fatto molto ridere.
Nel libro consigli di comprare arte per riempire le prime 5 pareti di casa. Le prime 5 le indichi nel libro e lascio la scoperta alla lettura del libro, le ultime 5 quali sono?
Sì, lo so, prima o poi dovrò scrivere il libro dove cito le ultime cinque.
Devo confessarti un altro segreto, non lo so quali debbano essere.
Ma posso promettere che quando lo avrò capito sarò pronto per un’altra sfida, forse quel giorno sarò pronto per passare di mano la galleria ad una nuova generazione, cosa che mi auspico possa avvenire.
Per me l’azienda è un laboratorio di ricerca, una volta che ho capito, devo cambiare.
Certo nel portarla avanti mi accerto che possa un domani cederla con un profitto, per questo per ogni cosa che facciamo vi sono processi chiari alla base.
In cosa hai innovato il modello? Mi sembra che tuttavia tu abbia molto rispettato i ruoli delle varie figure professionali senza stravolgerlo. Ci sono approcci più radicali del tuo? E’ un modello che può funzionare anche all’estero o è già il modello prevalente?
Il modello è stato basato su pochissimi punti ma seguiti come un vangelo:
- chiarezza verso il cliente,
- mai essere soggiogato alle critiche del settore se troppo conservatrici,
- uso spregiudicato degli utili aziendali a favore della tecnologia e
- del benessere degli stakeholders della azienda (dipendenti, fornitori, osservatori),
- ed in ultimo la consapevolezza che un giovane neolaureato, se determinato, non vale nel lavoro meno di me, ha solo bisogno di avere obiettivi chiari e processi delineati.
Abbiamo di recente aperto a Bruxelles e dalle prime mosse mi sembra che il modello possa funzionare anche in Belgio.
Dall’esterno mi sembra che vi sia una convergenza tra i vari mondi dei collectible. Quanto è differente oggi comprare un’opera d’arte un paio di sneaker, delle carte pokemon o un auto antica?
Tutte le cose che hai citato hanno due punti in comune se ci pensiamo, il primo è lo storytelling ed il secondo è il brand, o se vogliamo la comunicazione, che poi possiamo identificarla come la voglia di noi animali sociali di incontrarsi.
A questi due driver possiamo aggiungere quella che è ormai una piattaforma comune, il web.
Vedi, 20 anni fa le sneaker, l’arte ed i pokemon non si incontravano, oggi si incontrano a distanza di pochi pixel in un piccolo schermo. Questo lo trovo strano e fantastico allo stesso tempo. Conosco molte persone che comprano l’una e l’altra cosa con processi molto simili.
Ho iniziato a pensare all’arte quando ho raggiunto un minimo di solidità economica e probabilmente da quando tu hai iniziato a martellarmi con la pubblicità. Nel tuo libro dici che l’acquisto di arte è anche destinato alle persone che tendenzialmente sono più felici? Quali sono i tratti caratteristici che hai individuato in chi compra arte
Sono spaventato da quanto tu mi abbia analizzato!
Vedi, io ho sempre cercato di sdrammatizzare, di abbassare la grevità che circonda il mondo dell’arte. Tutti parlano di arte come investimento, come cultura superiore, come qualcosa per pochi. Che noia.
Io penso che l’arte sia la cosa più bella ed inutile che ci sia. Compra arte se hai già tutto il resto, se sei felice, se sei alla ricerca di una eccedenza.
Tale eccedenza si scatena se non è funzionale, se non è vista come un investimento, altrimenti ne risulterebbe ridotta. Le opere si rivalutano…ma il modo più interessante per possederle è sapere che non si avrà bisogno di rivenderle.
Ciò detto…piuttosto che niente è meglio piuttosto, ed infatti sono io il primo nel libro a dire che è meglio per le prime cinque stare attenti a questo punto, quello della liquidabilità, ma il vero divertimento arriva con la consapevolezza che si compra arte sapendo che se ne potrebbe anche fare a meno.
Dalla lettura del libro mi è rimasta l’idea che l’arte dia anche lo spunto per mostrare la propria personalità a chi entra nella nostra casa. Perché invece dovrebbe essere una buona idea portare un quadro in ufficio?
Io ho iniziato portando le mie prime cinque opere proprio in ufficio.
E’ incredibile cosa accade, diventano oggetto di discussione, di trasferimento di esperienze.
Sia i capi che i collaboratori ti vedono con occhi diversi.
Mi piace molto parlare degli errori? Quale errore hai fatto nel comprare Arte?
All’inizio, prima di essere un professionista, ho trovato persone che mi vendevano arte e che hanno sfruttato la mia passione, mi hanno pressato un poco, non mi hanno aiutato ad andare col mio passo.
Questo è l’errore che non vorrei mai fare, ho trasmesso questo pensiero ai miei collaboratori: mai spingere il cliente verso un acquisto, deve essere lui, ecologicamente, a comprare.
L’arte come investimento. Esiste la possibilità di guardare all’arte come investimento puro? Quali rendimenti posso aspettarmi?
Ti ho detto prima il mio pensiero. Detto ciò, sì, l’arte può essere vista come un asset su cui guadagnare.
In tal caso vigono le regole dei mercati finanziari, se vuoi rischi bassi devi puntare sui grandi nomi, anzi sui grandissimi nomi.
Artisti emergenti ti danno maggiore connessione emotiva con la tua contemporaneità, potenzialmente anche grandi guadagni, ma oggettivamente, da un punto di vista prettamente di investimento, anche grandi rischi.

I miei clienti che hanno preso Banksy hanno raddoppiato il capitale ogni 8 mesi, ma è un caso raro.
Artisti come Murakami, Mr Brainwash ed Obey, per stare sempre sui miei, hanno fatto crescite del 5-8% annui. Emergenti come Mr Savethewall hanno raddoppiato le quotazioni in circa 30 mesi, direi un ottimo risultato.
Non c’è una regola.
Qualcuno è rimasto al palo, in tal caso aiuto sempre i miei clienti, se lo vogliono, a liquidare le opere. Mi spiace molto quando collezionisti di altre gallerie vengono da me per liquidare opere comprate in altre gallerie, mi rattrista e mi verrebbe da chiedere “perché il tuo gallerista non ti aiuta?”.
Esistono degli art advisor davvero indipendenti? Conosci qualche servizio digitale da consigliarci? Un buon gallerista può offrire anche questo servizio o ha un evidente conflitto di interessi? Come trovare un buon gallerista, oltre ovviamente a Deodato?
C’è un conflitto di interessi e io lo dichiaro.
Preferisco perdere una opportunità piuttosto che essere in conflitto. Ma vedi, la questione è molto semplice, la prima domanda che faccio è: cosa ti aspetti? Vuoi godere e basta? Godere ma con un occhio alla liquidabilità? Oppure fondamentalmente investire? Abbiamo programmi per tutti i profili, ma nel terzo caso, il “collezionista” non va chiamato più così’, ma piuttosto va chiamato “investitore”.
Nel terzo caso egli si sostituisce alle banche, con profitti più alti e una dose di rischio accettato più alto.
La componente emotiva rimane un poco la stessa…per qualche mese o anno egli può dire “possiedo un Koons”, ma sa già che glielo rivenderemo, e questo non dipende da lui visto che è insito nell’operazione di investimento.
Non voglio dare consigli per altri operatori, posso solo dire che il conflitto di interesse è sul tavolo, meglio parlarne.
Ho visto alcuni modelli esteri, come ad esempio Masterworks.io, che consentono di investire acquistando quote di opere d’arte con la logica del crowdfunding. Sarebbe davvero interessante, per chi come me è appassionato di innovazione in ambito finanziario, vedere questo servizio anche da noi. Hai mai pensato a qualcosa del genere? Pensi che la finanziarizzazione dell’arte possa aiutare il sistema?
Sì, come no, ci ho dovuto pensare per forza, chi lavora nel mondo dell’arte è costantemente sollecitato da chi lavora nel mondo della finanza per trovare soluzioni appunto di tecnica finanziaria. In Italia, ed in generale in Europa, non è facilissimo implementare un modello come quello, per via del problema di “sollecitazione all’investimento”.
Sono partito molte volte e molte volte mi sono dovuto fermare. Ma va chiarito un punto. Ogni filiera produttiva o commerciale deve fare i conti con lo spostamento di valore nello spazio e nel tempo, è qui che entra in gioco la finanza.
Ricordo che quando nel 1998 lavorai ad uno dei primi sistemi in Italia di web corporate banking, per il Credito Emiliano, scoprii che quella banca “sconta” i formaggi che devono stagionare, quindi la banca ha caveau di formaggi che compra freschi dai produttori e rivende agli stessi quando sono stagionati, smobilizzando quindi i capitali dei caseifici.
Ecco, i sistemi di finanza, se si applicano ai formaggi certamente si possono applicare all’arte.
Ma vedi, colui il quale scontava finanziariamente i formaggi, non è detto fosse un intenditore di formaggi, il suo lavoro era in ambito finanziario.
Anche nell’arte non si devono appiattire le professionalità, qualcuno è bravo a produrre arte, altri a capirla e valorizzarla, altri a semplificare i processi finanziari della filiera.
Comprare il 3% di un Picasso che non si vedrà mai non è occuparsi d’arte, ma piuttosto di finanza; capisco però che se esci con una nuova ragazza a cena fa più scena nel dire che possiedi un pezzo di un Picasso che un barile di petrolio!
In generale ben vengano questi strumenti, immettono liquidità, rendono tutti più felici.
Immagino che tu sia un fautore dell’utilizzo della tecnologia nell’arte. Pensi possa aiutare nel processo di certificazione delle opere d’arte? Cosa ne pensi degli NFT? A quando la prima galleria Deodato in cui comprare opere digitali da esporre in cornici digitali?
Gli NFT sono un tecnologia per certificare contratti in modo decentralizzato, tra cui anche certificati d’opere.
Sono nati e si sono divulgati per certificare proprio le opere digitali, ma sono utilizzabili in pratica per certificare qualunque accordo tra due o più parti.
Siccome la potenza degli NFT è pari a quella di un qualunque linguaggio di programmazione (sono Turing Machine completi) avviene che alcune opere “intelligenti” sono state programmate usando gli NFT come un computer (cosa che in effetti è) e non come un mero strumento di certificazione.
Ecco, quelle opere secondo me sono vere e proprie opere di rottura, come lo è stato il vasino di Duchamp o la merda d’artista, ma se per NFT intendiamo prendere una generica riproduzione digitale, che magari scimmiotta una corrispondente opera fisica, in tal caso a me sembra una presa in giro.
Cosa hai imparato dalla pandemia e nella pandemia?
Ho imparato che fare una vita sana è importante, nel tempo libero ho fatto più sport e mi sono alimentato meglio.
Poi ho capito che abbiamo dei governi molto deboli, io penso il problema sia che i politici sono pagati troppo poco, così le persone veramente in gamba finiscono per fare altri lavori e alla politica restano in media persone di valore mediocre.
Il punto più grave della classe politica, mi spiace generalizzare, cosa sempre sbagliata, è la pessima capacità di comunicazione tra loro: non collaborano, non si coordinano, apparentemente si odiano…che brutto lavoro!
Grazie a Deodato per questa intervista e per il valore che ha portato a tutti noi.
Spero di poter comprare presto la mia prima opera e di poter ispirare amici, conoscenti colleghi e soprattutto dare un contributo alla mia felicità quotidiana preservando possibilmente il valore di quanto investito.
Fammi sapere cosa ne pensi nei commenti, quali sono i tuoi artisti preferiti e mi raccomando non ti dimenticare di iscriverti alla mia Newsletter gratuita, e di seguirmi su Facebook, Instagram, YouTube (iscriviti al canale), e Telegram.
Bellisima intervista!
Anche io ho letto il libro di Deodato e l’ho trovato veramente interessante. Molto utile per chi si voglia avvicinare all’arte contemporanea!
Complimenti per il sito, un sacco di contenuti interessanti.
Grazie Stefano. Anche io continuo a studiare l’arte contemporanea vediamo a quando il primo acquisto.